«Daghe dentro Nino che i butèmo a fondi», così urlava l’ammiraglio Von Tegetthoff al suo timoniere veneziano Vincenzo Vianello.
«Daghe dentro Nino che i butèmo a fondi». Che ci crediate o no, urlava così l’ammiraglio Von Tegetthoff al suo timoniere veneziano Vincenzo Vianello nel 1866 durante la battaglia navale di Lissa, vinta poi dagli austriaci con incredibile vergogna per la marina italiana. Eh già, perché all’epoca, la marina austriaca era composta per lo più da veneti e lo stesso ammiraglio, eroe in patria, aveva studiato al Collegio Navale Morosini di Venezia. In altre parole, gli austriaci nell’Ottocento avevano nel Veneto il loro miglior avamposto sul Mediterraneo ed usavano il dialetto veneto come linguaggio tecnico della Marina. Poi i veneti passarono sotto il Regno d’Italia, ma qualcosa è rimasto ancor oggi di quella presenza, e non è affatto sgradevole.
Secondo i racconti più consolidati, lo Spritz che oggi fa impazzire gli universitari “in libera uscita” ed allieta i palati di ogni età in occasione del rituale aperitivo, nacque proprio durante il periodo della dominazione Asburgica ed il suo nome deriverebbe dal verbo tedesco “spritzen”, che significa “spruzzare”. I soldati austriaci erano abituati alla birra, ma ben presto fraternizzarono con l’uso locale di bere vino in osteria. Non si trovavano però a loro agio con i vini veneti, dalla gradazione troppo elevata rispetto al tenore alcolico cui erano avvezzi. Pertanto essi ordinavano bicchieri di vino misto ad acqua frizzante per allungarlo: questo è lo spritz “liscio” così come lo si serve ancora oggi in tutto il nordest, da Padova a Trieste.
Nel tempo l’aperitivo veneto è cresciuto fino a diventare una bevanda di fama internazionale. Già, ma se ci pare insopportabile la pizza con marmellata a New York o gli spaghetti con panna e funghi a Londra, anche lo spritz deve rispettare un minimo di regole, per poter essere considerato tale.
In un prossimo articolo vi spiegheremo il procedimento corretto per uno spritz perfetto.